(Fonte Staffetta Quotidiana del 15 ottobre 2018).

Leggendo gli ultimi aggiornamenti emersi la settimana scorsa al convegno Oil&nonOil sul dilagare della piaga delle frodi fiscali nel mercato dei prodotti petroliferi rete ed extra-rete nonostante il lavoro fatto negli ultimi anni a livello associativo e istituzionale per contenerla e reprimerla (v. Staffetta 12/10), si spiegano da una parte l’uscita dal “petrolio Italia” da parte della Erg, ma anche da parte delle maggiori compagnie petrolifere ad esclusione di Eni, e dall’altra le preoccupazioni dell’Api, oggi la maggiore presenza sulla rete carburanti, preoccupazioni legate al fatto che il prodotto sporco renderà sempre meno competitivo il prodotto pulito. Preoccupazioni accresciute dal fatto che, nonostante le numerose indagini da anni avviate da parte della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate e di diverse Procure, nessuno finora ha pagato e si diffonde la sensazione di poterla fare franca, al punto che alcuni di questi operatori implicati continuano a reiterare la frode, quasi ostentandola. Per cui è facile prevedere che andando avanti di questo passo il “petrolio Italia” finirà col diventare tutto illegale. Espellendo dal mercato chi ancora si batte per rimanerci. Una prospettiva a dir poco inquietante. Di fronte alla quale impallidiscono le frodi nel settore degli oli minerali che nel 1957 portò al varo della legge 474 e ancor più gli scandali del petrolio degli anni ’70 e ‘80 legati al finanziamento dei partiti per i quali finì in carcere un personaggio come Vincenzo Cazzaniga e Gabriele Cagliari fu costretto a suicidarsi. Altri tempi, altri personaggi, altro petrolio. Oggi la parola scandalo non viene più usata. E dove se ne parla, come a Verona, non fa notizia.